Željko Ražnatović era ancora minorenne quando gli agenti del penitenziario di Zagabria, dove si trovava per una rapina in un bar, fecero il suo nome ai colleghi dell’UDBA, la polizia segreta della Repubblica Federale Socialista di Jugoslavia: “E’ pronto a tutto; è astuto; è feroce; ci sembra perfetto per le vostre attività”. E lo era, e lo fu: andare in giro per l’Europa ad ammazzare quei suoi connazionali che non andavano matti per Tito, il quale peraltro ricambiava di tutto cuore, era il lavoro per lui. Anche perchè gli lasciava parecchio tempo libero, che Željko usava per fare il suo secondo lavoro: le amate rapine, possibilmente col morto. La prima a Milano, nel ’74; poi, innumerevoli altre ovunque in Europa. Facile quando hai armi, documenti falsi, e soprattutto la completa immunità in patria, dove Željko ritorna a fine anni ’80 con un pacco di fogli che lo condannano a complessivi 25 anni di carcere (oltre a quelli scontati in Belgio, Italia, Olanda, Svezia…), fogli con cui accendere il camino della gigantesca villa in cui va a vivere. [Continua…]
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